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La parabola del Seminatore

Commento alla pericope evangelica della quarta Domenica di Luca. (Luca 8, 5-15)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

4-10. E quando molte persone si radunarono e venivano a lui da ogni città, egli parlò con una parabola: «Uscì il seminatore a seminare i suoi semi. Mentre seminava, uno cadde lungo la strada, fu calpestato e gli uccelli lo mangiarono. Un altro cadde sulla roccia, germogliò e si seccò perché non aveva umidità. Un altro cadde in mezzo alle spine, le spine crebbero insieme e lo soffocarono. Un altro cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». E detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!» Allora i suoi discepoli gli chiesero cosa fosse questa parabola. Ed egli disse: «A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio; agli altri parlo in parabole affinché guardando non vedano e ascoltando non comprendano.» Ciò che Davide disse anticamente, parlando in profezia nella persona di Cristo, si è ora avverato: “aprirò la mia bocca in parabole”. [Sal. 77, 2] Il Signore parla in parabole per tanti motivi: per rendere più attenti i suoi ascoltatori e per stimolare la loro mente a ricercare il senso di ciò che viene detto. Infatti tendiamo a essere curiosi riguardo a detti dal significato oscuro e a trascurare quelli chiari. Parla anche in parabole affinché coloro che sono indegni non comprendano ciò che si dice riguardo ai misteri spirituali. E ci sono molte altre ragioni per cui parla in parabole. Uscì dunque il seminatore, cioè il Figlio di Dio, uscito dal seno del Padre, dal nascondiglio intimo del Padre, e si è manifestato a tutti. Chi è uscito? Colui che semina sempre. Il Figlio di Dio non cessa di seminare nelle nostre anime. Non solo attraverso il Suo insegnamento, ma attraverso tutta la creazione e gli eventi della nostra vita quotidiana, Egli pianta un buon seme nelle nostre anime. Egli è uscito non per uccidere i trasgressori o per bruciare la stoppia, ma per seminare. Perché ci sono molte ragioni per cui un agricoltore potrebbe fare altro, oltre a piantare. È uscito per seminare il proprio seme: la parola dell’insegnamento era sua e non di un altro. I profeti avevano pronunciato non parole proprie, ma quelle dello Spirito Santo. Per questo dicevano: “Così dice il Signore”. Ma Cristo aveva il suo seme da seminare. Quando insegnava, non diceva: “Così dice il Signore”, ma: “Io vi dico”. Mentre seminava, cioè come insegnava, una parte del seme cadeva lungo la strada. Non ha detto che il seminatore ha gettato il seme lungo la strada, ma che alcuni sono caduti lì. Cristo seminatore semina e insegna, e la sua parola cade ovunque sui suoi ascoltatori, e sono loro che si mostrano come una strada, o una roccia, o spine, o terra buona. Quando i discepoli interrogano sulla parabola, il Signore dice: A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio, cioè a voi che desiderate imparare, perché chiunque chiede, riceve. [Mt. 7, 8] Agli altri che non sono degni dei misteri parla oscuramente. Pensano di vedere, ma non lo fanno; odono, ma non comprendono. E questo va a loro vantaggio. Il Signore nasconde loro queste cose affinché non cadano sotto una condanna maggiore per aver compreso i misteri e poi averli ignorati. Chi capisce e poi trascura merita una punizione più severa.

11-15. «Ora, la parabola è questa: il seme è la parola di Dio. Quelli lungo la strada sono quelli che hanno ascoltato ma poi viene il diavolo e toglie la parola dal loro cuore perché, non avendo creduto, non siano salvati. Quelli sulla roccia sono quelli che ascoltano con gioia e accolgono la parola ma non hanno radice: per il momento credono, ma al tempo della tentazione si allontanano. Quello che è caduto tra le spine, sono quelli che hanno ascoltato ma, camminando sotto le preoccupazioni, e la ricchezza, e i piaceri della vita, restano soffocati e non arrivano a maturazione. Quello nella terra buona, sono quelli che hanno ascoltato la parola e la conservano in un cuore bello e buono, e nella pazienza portano frutto.» Qui vengono descritte le tre tipologie di quanti non vengono salvati. In primo luogo, ci sono quelli lungo la strada che non ricevono e non accettano affatto la Parola. Come una via ben tracciata e compattata non può accogliere il seme perché è dura, così anche coloro che sono induriti nel cuore non accolgono affatto la Parola. Sebbene odano la parola, non le prestano attenzione. Poi ci sono quelli sulla roccia che ascoltano la parola, e poi non sopportano le tentazioni a causa della debolezza umana, e rinnegano la fede. Il terzo tipo sono coloro che ascoltano la parola e poi rimangono soffocati dalle preoccupazioni della vita. Tre parti, dunque, periscono e solo una parte si salva. Pochi si salvano; la maggior parte muore. Badate che di coloro che sono soffocati non si dice che sono soffocati dalle ricchezze, ma piuttosto dalle “preoccupazioni delle ricchezze”. Non è la ricchezza a nuocere, ma le preoccupazioni e gli affanni riguardo alla ricchezza che riempiono la mente. In effetti, molti hanno ricevuto grandi benefici dalle loro ricchezze, quando le hanno riversate per nutrire i poveri. Considerate la precisione dell’evangelista, quando dice di coloro che sono salvati, che quando hanno ascoltato la parola, la osservano, a differenza di coloro che sono lungo la strada, che non osservano la parola; invece il diavolo toglie loro la parola. Ed essi portano frutto, a differenza di coloro che sono soffocati dalle spine e non portano frutto a maturazione. In verità coloro il cui frutto non matura mai non portano alcun frutto. Coloro che portano frutto con paziente perseveranza si oppongono a quanti sono sulla roccia, che accolgono la parola ma poi non sopportano l’assalto delle tentazioni e mostrano di non poter resistere alla prova. Ecco come l’evangelista dice tre cose riguardo a coloro che sono salvati: che osservano la parola, che portano frutto e che lo fanno con pazienza. Con queste tre affermazioni distingue i salvati da coloro che periscono: coloro che lungo il cammino non mantengono la parola data; quelli tra le spine che non portano frutto alla perfezione; e quelli sulla roccia che non sopportano pazientemente l’assalto delle tentazioni.


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