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La figlia di Giairo e l’emorroissa

Commento alla pericope evangelica della settima Domenica di Luca. (Luca 8, 41-56)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

40-44. E avvenne che, quando Gesù fu restituito, la folla lo accolse con gioia, perché tutti lo aspettavano. Ed ecco che In quel tempo venne un uomo di nome Giàiro, che era capo della sinagoga. Gettatosi ai piedi di Gesù, lo supplicava di entrare nella sua casa, perché la sua unigenita figlia, di dodici anni circa, stava morendo. Mentre andava, la folla lo soffocava. Una donna che da dodici anni aveva flusso di sangue e che aveva speso tutto il patrimonio coi medici – non poté essere guarita – gli si avvicinò alle spalle, toccò l’orlo del suo mantello e subito stagnò il flusso di sangue.

Gesù tornò dal paese dei Gadareni e la moltitudine lo attendeva, desiderosa sia del suo insegnamento che dei suoi miracoli. Poi fu avvicinato da un capo della sinagoga, un uomo che non era né povero né insignificante, ma il più importante della società. L’evangelista dà anche il nome dell’uomo, affinché il miracolo diventi ancora più celebre attraverso questa prova confermabile della sua verità. Nel suo grande bisogno quest’uomo cade davanti a Gesù, anche se pure senza l’urgenza di questo bisogno avrebbe dovuto prostrarsi e riconoscere Gesù come Dio. Tuttavia, l’afflizione può costringere un uomo a volgersi verso ciò che è meglio, come dice Davide quando parla del cavallo o del mulo che non hanno intelligenza, le cui mascelle devi affliggere con morso e briglia quando non si avvicinano a te (Sal 31, 9). Mentre però Gesù si avviava verso la casa di Giàiro, si avvicinò a lui una donna che mostrava una fede estremamente grande. Si avvicinò e toccò il bordo della Sua veste con la ferma fede che se solo avesse potuto toccare le Sue vesti, sarebbe stata guarita. Immediatamente il flusso di sangue si fermò. Come un uomo che avvicina il suo occhio a una luce intensa, o avvicina un bastone secco al fuoco, e subito reagiscono, così anche la donna avvicinò la sua fede a Colui che ha il potere di guarire e subito ottenne la guarigione. Non pensava ad altro, né ai tanti anni della sua malattia, né al fallimento dei suoi medici. Ha solo creduto ed è stata guarita. Comprendi che prima toccò Gesù noeticamente, e solo poi lo toccò corporalmente.

45-48. Gesù disse: «Chi mi ha toccato?» Tutti negavano, ma Pietro e quelli che erano con lui dissero: «Maestro, la folla ti stringe e ti schiaccia, e dici: Chi mi ha toccato?» Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato; so che una potenza è uscita da me.» Vide allora la donna che non era rimasta nascosta. Tremante venne e si prostrò davanti a lui, spiegando a tutto il popolo per quale motivo lo avesse toccato e come fu subito risanata. Egli allora le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace.»
Il Signore desidera mostrare la fede della donna a tutto il popolo affinché tutti diventino suoi imitatori, e anche perché Giàiro possa avere una buona speranza per sua figlia. Perciò rende manifesto ciò che era accaduto nel segreto e chiede chi lo ha toccato. Pietro, essendo audace, rimprovera il Signore per la sua domanda, dicendo: «Tante persone ti affollano, eppure tu dici: Chi mi ha toccato?» Ma non capiva ciò che il Signore gli chiedeva. Il Signore stava chiedendo: «Chi mi ha toccato con fede?» e non semplicemente: «Di chi è la mano che mi ha toccato?» Come un uomo ha orecchi con cui sente, mentre un altro ha orecchi ma non sente, così anche un uomo tocca con fede, mentre un altro può avvicinarsi ma il suo cuore è lontano. Il Signore sa che si trattava della donna, ma pone la domanda, come ho detto, per rivelare la sua fede e dare speranza al capo della sinagoga. Chiede, e così attira l’attenzione sulla donna. «So che una potenza è uscita da me», dice, e giustamente. I profeti non avevano potenza che usciva da loro; invece, hanno operato miracoli per la grazia di Dio. Ma Gesù è la fonte di ogni cosa buona e la fonte di ogni potere, e in effetti ha un potere che esce da Lui. Il Signore concede alla donna una doppia guarigione: prima guarisce la sua malattia e poi dissipa la paura dalla sua anima tremante dicendo: Figlia, fatti coraggio.
49-56. Mentre ancora parlava, dal capo della sinagoga viene uno a dire: ·«E’ morta tua figlia; non disturbare più il Maestro.» Ma Gesù, avendo udito, rispose: «Non temere; soltanto abbi fede e sarà salvata.» Quando giunse alla casa, non permise a nessuno di entrare con lui fuorché a Pietro, Giovanni e Giacomo, al padre e alla madre della fanciulla. Tutti piangevano e si battevano il petto per lei. Ma egli disse: «Non piangete! Non è morta, ma dorme.» Essi lo deridevano, sapendo che era morta; ma egli, prendendole la mano, gridò dicendo: «Fanciulla, alzati!» E lo spirito ritornò in lei e all’istante si alzò. E ordinò di darle da mangiare. I genitori rimasero sbalorditi ma egli comandò loro di non parlare a nessuno dell’accaduto.
Quando Gesù udì un uomo dire al capo della sinagoga: non disturbare il maestro, non aspettò che il capo della sinagoga gli parlasse, ma parlò prima lui stesso, in modo che il capo della sinagoga non potesse dire: «Non ho bisogno di te; il male è già accaduto; ecco è morta colei che aspettavamo che tu guarissi», o parole simili come queste. Perché non credeva ed era ebreo. Cristo, quindi, parla per primo e dice: «Non temere, credi soltanto. Considera la donna che aveva il flusso di sangue. Imitala e non mancherai il bersaglio». Permette l’ingresso solo a Pietro, Giovanni e Giacomo perché erano i favoriti del Signore e capi degli Apostoli e perché seppero tacere riguardo al miracolo. Il Signore non ha voluto rivelarsi a molti prima del tempo, forse a causa del dispetto dei Giudei. Così nascose la maggior parte delle Sue azioni affinché gli ebrei non si infiammassero di invidia e fossero quindi passibili di giudizio. Anche noi dovremmo fare lo stesso; quando qualcuno diventa invidioso di noi, non gli riveliamo le nostre realizzazioni, per non ferirlo e renderlo ancora più invidioso e gettarlo nel peccato. Dovremmo invece sforzarci di passare inosservati da lui. Il Signore disse che lei non è morta, ma dorme, chiamando la morte sonno perché stava per risuscitarla dai morti come dal sonno. Coloro che lo ascoltavano lo derisero con disprezzo, affinché il miracolo fosse ancora più miracoloso. Affinché in seguito non potessero affermare che non era morta, ma dormiva, il Signore ha disposto, secondo l’economia divina, che prima venisse deriso quando diceva che non era morta ma addormentata. Così chiuse la bocca a coloro che volevano calunniarlo, perché era così chiaro che era morta che lo derisero quando disse che non era morta. Li ha messi tutti fuori, forse per insegnarci a non bramare la gloria e a non fare nulla per spettacolo, e anche per insegnare che quando qualcuno sta per fare un miracolo, non deve essere in mezzo a tanta gente, ma da solo. e senza distrazioni. Allora il Signore riportò indietro lo spirito della giovane ragazza. Non le mise un’altra anima, ma fece ritornare di nuovo nel suo corpo la stessa anima che era scivolata via. Comandò che le fosse dato qualcosa da mangiare, per darle ancora più sicurezza e conferma che era risorta dai morti. Queste cose si possono intendere anche così: l’emorroissa rappresenta ogni anima che riversa il peccato cruento e omicida. Perché ogni peccato è l’assassino e l’uccisore dell’anima. Quando quest’anima, dunque, tocca la veste di Gesù, quando tocca cioè la sua Incarnazione, credendo che il Figlio di Dio ha assunto carne umana, allora l’anima è guarita. E questo è possibile anche se qualcuno fosse capo della sinagoga (1), cioè se qualcuno avesse una mente che domina le molte cose che ha raccolto nella sua avidità. Allora la figlia di quella mente, il suo pensiero, è malata. Ma lascia che quella mente invochi Gesù e creda, e il suo pensiero sarà guarito.

 

(1) La parola sinagoga [sinagoghé] deriva dal verbo synago che significa riunire, sia che si tratti di persone in un’assemblea o di cose in una raccolta. Il Beato Teofilatto qui gioca su entrambi i sensi della parola.


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