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Il ricco e Lazzaro

Commento alla pericope evangelica della quinta Domenica di Luca. (Luca 8, 27-39)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

19-22. C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e bisso e ogni giorno faceva splendide feste. Un povero, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, e desiderava sfamarsi con quanto cadeva dalla tavola del ricco: ma solo i cani venivano a leccargli le ferite. Avvenne poi che il povero morì e fu portato dagli angeli nel grembo di Abramo. Morì anche il ricco, e fu sepolto.
Queste parole seguono da vicino quanto detto prima. Perché il Signore per primo insegnò, sopra [Lc. 16,1-13], riguardo al modo in cui dobbiamo essere buoni amministratori delle ricchezze, ora aggiunge opportunamente questa parabola che insegna la stessa cosa attraverso l’esempio del ricco. Questa è una parabola e non, come alcuni hanno scioccamente immaginato, qualcosa di realmente accaduto. Perché ai giusti non sono ancora stati assegnati i beni, né i castighi ai peccatori. Il Signore, quindi, ha inventato questa storia per insegnare a coloro che non mostrano misericordia e non fanno elemosina quali punizioni li attendono, e per insegnare ai sofferenti quali cose buone godranno a causa delle sofferenze che sopportano pazientemente in questa vita.

Il Signore non ha dato nome all’uomo ricco in questa parabola, perché un uomo simile non è degno di essere ricordato da Dio per nome. Come dice il Signore per mezzo del profeta, neppure io ricorderò i loro nomi attraverso le mie labbra. [Sal. 15, 3] Ma il Signore menziona il povero per nome, perché i nomi dei giusti sono scritti nel libro della vita. C’è una storia, secondo la tradizione ebraica, di un certo Lazzaro che viveva a quel tempo a Gerusalemme, la cui sorte era caratterizzata da estrema povertà e malattia. Poiché era così conosciuto in città, il Signore usa il suo nome nella parabola. Il ricco era colmo di ricchezze, tanto che si vestiva di porpora e di bisso. Non solo, ma si concedeva anche ogni altro tipo di lusso. Infatti dice che viveva nel lusso, non di tanto in tanto, ma ogni giorno, e non con moderazione, ma sontuosamente, cioè in modo stravagante e a caro prezzo. Lazzaro, invece, era indigente e gravemente malato, poiché viene detto che era pieno di piaghe. Una cosa è essere malati; un’altra cosa è essere coperti di piaghe aperte. Ma il male che subì va ancora oltre: giacendo alla porta del ricco, ebbe in più il tormento di vedere gli altri banchettare a dismisura mentre lui moriva di fame. Avrebbe desiderato di nutrirsi non con i loro cibi costosi, ma con le briciole di questi cibi, le stesse briciole che mangiavano i cani. Era anche privo di ogni aiuto, perché i cani gli leccavano le piaghe e non aveva nessuno che li scacciasse. Lazzaro soffrì cose così terribili. Allora ha bestemmiato? Ha insultato il lusso del ricco? Ha condannato la sua insensibilità? Ha accusato la Divina Provvidenza? Non faceva nessuna di queste cose, nemmeno col pensiero; piuttosto, sopportò tutto con coraggio e saggezza. Come facciamo a saperlo? Dal fatto che gli angeli lo presero quando morì. Se fosse stato un mormoratore e un blasfemo, non sarebbe stato ritenuto degno di un tale onore: essere scortato dagli angeli. Anche il ricco morì e fu sepolto. In verità, mentre era ancora in vita, la sua anima era stata sepolta viva, sepolta nella sua carne. Pertanto, quando morì, la sua anima non fu portata via dagli angeli ma fu invece portata negli inferi. Colui che non ha mai avuto un solo pensiero elevato o celeste merita il posto più basso. Dicendo quindi che fu sepolto, il Signore lascia intendere che l’anima del ricco ricevette la sua parte nel luogo più basso e oscuro.
23-26. E alzando nell’Ade i suoi occhi, trovandosi tra tormenti, da lontano vide Abramo e Lazzaro in grembo a lui. E gridando disse: Padre! Abramo! Abbi pietà di me e manda Lazzaro perché immerga la punta del suo dito nell’acqua e mi rinfreschi la lingua, perché sono tormentato da questa fiamma! Gli disse Abramo: Figlio! Ricorda che hai ricevuto i tuoi beni durante la tua vita, e parimenti Lazzaro i mali. Ma ora lui qui è consolato e tu invece sei tormentato. E in tutte queste cose tra noi e voi è stato posto un grande abisso; chi di qua vuole passare da voi, non può, e chi da voi vuole attraversare di qua, non può.
Quando il Signore cacciò Adamo dal paradiso, lo sistemò proprio di fronte, affinché la vista continua del paradiso davanti ai suoi occhi mantenesse viva nella sua mente la calamità che lo aveva colpito e suscitasse in lui il senso più acuto della sua caduta. dalle cose buone. Allo stesso modo il Signore condannò il ricco a un luogo proprio di fronte a Lazzaro, affinché la vista di lui in uno stato così beato risvegliasse nel ricco la consapevolezza dei beni che aveva perduto a causa della sua crudeltà. Perché vide Lazzaro nel seno di Abramo e non di qualcun altro giusto? Perché Abramo mostrò ospitalità agli estranei. Il ricco vede Lazzaro con Abramo come un rimprovero ai suoi nell’ospitalità. Abramo attirava nella sua casa anche i passanti, mentre il ricco trascurava un uomo che ogni giorno giaceva nel suo cortile. E perché il ricco rivolge le sue parole ad Abramo e non a Lazzaro? Forse si vergognava. Può darsi che giudicasse Lazzaro non diverso da sé stesso e quindi presumesse che Lazzaro avrebbe portato rancore per i torti passati. “Se io, mentre godevo di una così grande prosperità, ho trascurato lui, mentre soffriva così grandi afflizioni, e non gli ho dato nemmeno le briciole della mia mensa, quanto più colui che era così disprezzato ora si ricorderà di quei torti passati e rifiuterà di concedermi qualche favore?” Per questo si rivolge ad Abramo, pensando che il patriarca non si sarebbe accorto di quanto accaduto. Come risponde allora Abramo? Dice forse: “O uomo crudele e senza cuore! Non ti vergogni? Solo ora ricordi la compassione?” Non questo, ma piuttosto, “figlio”. Ecco un’anima compassionevole e santa! Un uomo saggio disse: “Non amareggiare un’anima che è stata umiliata.” Per questo Abramo dice: Figlio. Con questo lascia intendere anche che è in suo potere solo parlargli con gentilezza, ma più di questo non gli è permesso fare. “Ciò che devo darti, te lo do: una voce di compassione. Ma andare da qui a là non posso, perché tutte le cose sono state chiuse. E tu hai ricevuto i tuoi beni, e allo stesso modo Lazzaro i mali. “ Perché usa la parola apelabes (hai ricevuto), e non la parola elabes? Diciamo, di chi riceve, che riceve [apolambanei] ciò che gli è dovuto. Cosa impariamo allora? Che anche se un uomo è completamente contaminato e ha raggiunto l’ultimo grado di malvagità, forse ha fatto almeno una o due cose buone. Cosicché anche costui può avere dei beni, come quando ottiene come ricompensa la prosperità in questa vita, e così si può dire che ha ricevuto questi beni come dovuti. Allo stesso modo Lazzaro ricevette i mali come dovuti. Forse infatti ha fatto anche qualche male, e per questi mali ha ricevuto come meritata ricompensa la sofferenza che ha sopportato in questa vita. Perciò ora lui è consolato, mentre tu sei nel tormento. L’abisso indica la separazione e la differenza che esiste tra i giusti e i peccatori. Proprio come le loro scelte furono molto diverse in questa vita, così anche le loro dimore nell’altra vita sono separate da una grande distanza, ciascuno ricevendo come dovuta la ricompensa adeguata alle sue scelte in questa vita.

C’è qui una conclusione da trarre contro gli origenisti che dicono che ci sarà un tempo in cui ci sarà la fine dell’inferno, che i peccatori saranno uniti ai giusti e a Dio, e così che Dio diventerà tutto in tutti. Ascoltiamo ciò che dice Abramo: coloro che di qui vogliono passare a voi, o di lì a noi, non possono. Perciò è impossibile per chiunque passare dal luogo assegnato ai giusti al luogo dei peccatori, e allo stesso modo, ci insegna Abramo, è impossibile passare dal luogo della punizione al luogo dei giusti. E Abramo, presumo, è più degno di fiducia di Origene1. Cos’è l’Ade? Alcuni dicono che sia un luogo oscuro sotto terra; altri hanno detto che l’Adee è la partenza dell’anima da ciò che è visto a ciò che è occulto e invisibile. Mentre l’anima è nel corpo, si manifesta attraverso le proprie energie [che animano il corpo], ma quando l’anima si è allontanata dal corpo diventa invisibile. Questo è l’Ade, dicono. Il seno di Abramo è il recinto dentro il quale sono custoditi i beni che attendono i giusti, che dopo la tempesta hanno ritrovato il porto celeste. Usiamo la stessa parola per denominare quegli specchi d’acqua sul mare che hanno la forma di porti e porti2. Notate anche questo: nel giorno del giudizio l’uomo che ha offeso vedrà colui che ha offeso nella gloria che gli appartiene, e l’uomo che ha subito un torto vedrà allo stesso modo colui che lo ha offeso in quella condanna che si abbatterà. lui, proprio come qui in questa parabola il ricco vede Lazzaro, e Lazzaro il ricco.
27-31. Allora disse: Ti prego, padre! Mandalo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli: li scongiuri che non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Gli dice Abramo: Hanno Mosè e i profeti; li ascoltino! Egli disse: No, padre Abramo! Ma se qualcuno viene a loro dai morti, si convertiranno. Gli rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno convincere neppure se qualcuno risorge dai morti.
Il miserabile ricco, avendo fallito nella sua richiesta per sé stesso, ora supplica per gli altri. Guarda come la punizione lo ha portato alla consapevolezza. Colui che prima aveva trascurato Lazzaro mentre giaceva ai suoi piedi, ora pensa agli altri che sono assenti e implora che Lazzaro sia rimandato dalla morte alla casa di suo padre. Chiede che non uno qualsiasi dei morti, ma Lazzaro in particolare, sia inviato, affinché i fratelli del ricco lo vedano coronato di salute e di gloria. Coloro che una volta lo videro nella malattia e nel disonore e furono testimoni della sua povertà, saranno testimoni della sua gloria. Da ciò è chiaro che Lazzaro sarebbe apparso loro nella gloria, se fosse stato necessario mandarlo come messaggero credibile. Come risponde allora Abramo? Hanno Mosè. “Voi non vi prendete cura dei vostri fratelli”, sta dicendo, “e nemmeno di Colui che li ha creati, Dio stesso. Perché ha nominato per loro diecimila maestri”. Ma il ricco risponde: No, padre. Poiché lui stesso aveva ascoltato le Scritture e non aveva creduto, considerando le letture dei miti, sospettava che fosse lo stesso per i suoi fratelli. Giudicandoli da ciò che sapeva essere vero di sé, disse che non prestavano più attenzione alle Scritture di quanto avesse fatto lui, ma che se uno fosse risorto dai morti, allora avrebbero creduto. C’è chi anche adesso dice la stessa cosa: “Chi sa cosa c’è nell’Ade? Chi è mai venuto di là a dircelo?” Ma ascoltino Abramo che dice che se non prestiamo ascolto alle Scritture, non crederemo nemmeno a coloro che vengono dagli inferi. Gli ebrei hanno dimostrato che ciò è vero. Poiché non prestarono ascolto alle Scritture, non credettero quando videro i morti risuscitati, ma tentarono perfino di uccidere quell’altro Lazzaro che era morto da quattro giorni. Molti dei morti risuscitarono durante la crocifissione del Signore, ma ciò non fece altro che intensificare l’assalto omicida degli ebrei contro gli apostoli. Se la resurrezione dei morti ci aiutasse veramente a credere, il Signore la opererebbe spesso. Ma non c’è aiuto più grande dello studio approfondito delle Scritture. Perché il diavolo con inganno è apparso per risuscitare i morti e in questo modo ha ingannato gli stolti; e, riguardo a quelli dell’Ade, diffonde dottrine degne della sua stessa malvagità. Ma nessun inganno del genere può prevalere contro coloro che studiano saggiamente le Scritture. Lampada e luce sono infatti le Scritture [Prov. 6, 23], e quando la luce risplende, il ladro appare e viene scoperto. Crediamo dunque alle Scritture e non chiediamo resurrezioni dai morti [come prova].

La parabola può essere intesa anche in senso più figurato. L’uomo ricco rappresenta il popolo ebraico. Nei tempi antichi questo popolo era ricco di ogni conoscenza e saggezza e delle parole di Dio che sono più preziose dell’oro e di molte pietre preziose. E questo popolo era vestito di porpora e di bisso, aveva sia il regno che il sacerdozio, essendo un sacerdozio reale per Dio [Es. 19:6]. La porpora significa regalità e sacerdozio di lino finissimo, poiché i leviti usavano panni di lino finissimo per le vesti sacerdotali. Gli ebrei vivevano sontuosamente ogni giorno. Ogni giorno, mattina e sera, offrivano un sacrificio, chiamato offerta continua [endelechismos, Es. 29, 38, 42]. Lazzaro rappresenta il popolo dei Gentili, privo della grazia e della sapienza divina, che giace davanti alle porte. Perché ai pagani non era permesso entrare nella casa di Dio; questo era considerato una contaminazione, come quando, nel Libro degli Atti, fu lanciato un grido contro Paolo per aver portato i gentili nel tempio e aver contaminato quel luogo santo [Atti 21]. I Gentili erano coperti dalle piaghe del peccato purulento, di cui si cibavano i cani impudenti, i demoni. Perché le nostre piaghe sono un piacere per i demoni. E i gentili desideravano le briciole che cadevano dalla tavola del ricco. Non avevano alcuna parte di quel pane che rafforza il cuore dell’uomo [Sal. 103, 17], ed avevano bisogno di quelle briciole più piccole e sottili del cibo razionale, come la donna cananea che desiderava nutrirsi delle briciole, pur essendo gentile [Mt. 15] E allora? Il popolo ebraico è morto a Dio e le sue ossa, che non si muovevano verso il bene, si sono irrigidite nella morte. Ma Lazzaro, il popolo gentile, morì al peccato, e gli ebrei, che morirono nei loro peccati, ardono con la fiamma del disprezzo. Sono invidiosi, come dice l’Apostolo, che i pagani siano stati accolti alla fede [cfr Rm. 11, 11], e che i popoli delle nazioni, che prima erano indigenti e disonorati, sono ora nel seno di Abramo, il padre delle nazioni, e giustamente. Perché Abramo, egli stesso un Gentile, credette in Dio e passò dall’idolatria alla conoscenza di Dio. Perciò è giusto che coloro che partecipano al suo cambiamento e alla sua fede trovino riposo anche nel suo seno ed erediti la sua stessa porzione, dimora e riserva di beni. L’ebreo desidera solo una goccia delle antiche aspersioni e purificazioni della legge per rinfrescarsi la lingua, per poter dire che la legge è ancora in vigore. Ma non ottiene il suo desiderio. Poiché la legge durò fino a Giovanni il Precursore e da allora «non hai voluto né sacrificio né offerta», come aveva predetto il profeta (Sal. 39, 9] E Daniele predisse che l’unzione [chrisma] sarà distrutta [Dan. 9, 26], e la profezia sarà sigillata [Dan. 12, 4, 9], il che significa che la profezia cesserà e sarà chiusa.

Ma tu, o lettore, devi comprendere anche il significato morale di questa parabola: non essere ricco di malvagità e non trascurare la tua mente che è affamata e abbattuta, sebbene sia stata creata per essere portata in alto. Non lasciarlo vagare fuori, né lasciarlo pigro a terra, ma conducilo dentro e lascialo agire. Allora ci sarà in te il lavoro della mente e dello spirito, e non semplicemente il banchetto della carne. Allo stesso modo, ci sono altri elementi di questa parabola che possono essere facilmente compresi per il vostro beneficio morale.


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