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La parabola del banchetto nuziale

Commento alla pericope evangelica della quattordicesima Domenica di Matteo. (Mt 22, 2-14)
Dal Commento al Vangelo secondo Matteo del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

1-7. Disse il Signore questa parabola: «Il regno dei cieli è come un uomo, un re, che fece un banchetto nuziale per suo figlio e inviò i suoi servi a chiamare gli invitati al banchetto delle nozze, ma essi non volevano venire. Inviò di nuovo altri servi, dicendo: Dite agli invitati: ecco che ho preparato il mio pranzo, sono stati macellati i miei buoi e sono stati uccisi gli animali ingrassati; tutto è pronto. Venite al pranzo di nozze! Essi invece, incuranti, andarono uno nella propria campagna, un altro per gli affari suoi, e gli altri presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. Allora il re si adirò e inviate le sue truppe, uccise quegli omicidi e incendiò la loro città. Anche questa parabola, come quella della vigna, allude alla disobbedienza dei giudei. Ma come quella indica la morte di Cristo, così questa indica invece la gioia nuziale, cioè la risurrezione. Ma anche questa parabola li mostra come trasgressori, anche peggiori degli uomini della parabola precedente. Perché i vignaioli uccidevano coloro che chiedevano i loro frutti. Ma questi uomini sfogarono la loro rabbia omicida su coloro che li avevano invitati a un matrimonio. Dio è paragonato a un re umano, perché non appare così com’è, ma come è più conveniente a Lui di apparirci. Quando moriamo come esseri umani, soggetti ai fallimenti umani, Dio ci appare in forma umana; ma quando camminiamo come dei, allora Dio sta “nell’assemblea degli dei” (Salmo 81, 1). E quando viviamo come bestie feroci, allora anch’Egli diventa per noi una pantera, un orso e un leone. Fa un banchetto di nozze per suo Figlio, unendolo ad ogni anima bella. Perché lo sposo è Cristo e la sposa è la Chiesa e l’anima. I servi inviati per primi furono Mosè e quelli con lui, ai quali gli ebrei non obbedirono, ma provocarono Dio nel deserto per quarant’anni e non vollero accogliere la parola di Dio e la gioia spirituale. Allora furono mandati altri servi, i profeti; ma di questi, alcuni ne uccisero, come fecero con Isaia; altri li trattarono con disprezzo, come fecero con Geremia, gettandolo in un pozzo di fango. Quelli meno estremisti si limitavano a declinare l’invito: uno andava per il proprio campo, cioè si rivolgeva ad una vita di piaceri e di occupazioni carnali, perché il proprio campo è il corpo; un altro alle sue mercanzie, cioè a una vita di acquisto e di profitto, perché i mercanti sono un tipo di uomini molto avidi di profitto. Questa parabola mostra che coloro che non partecipano al banchetto di nozze, alla comunione e al banchetto con Cristo, lo fanno principalmente a causa di queste due cose: i piaceri della carne o la passione dell’avidità. In questa parabola il pasto è chiamato “pranzo”, anche se altrove la stessa cosa è chiamata “cena” (Lc 14, 16), e non senza ragione. Infatti si dice cena quando questa festa di nozze appare in forma perfetta negli ultimi tempi, verso sera, cioè alla fine dei secoli. Ma si chiama “pranzo” quando già in passato il mistero veniva svelato, anche se in modo più oscuro. I buoi e i vitelli ingrassati [in greco “sitista”, vitelli ingrassati con il grano] sono l’Antico e il Nuovo Testamento. L’Antico Testamento è simboleggiato dai buoi, poiché conteneva sacrifici animali; il Nuovo Testamento è simboleggiato dai vitelli ingrassati con il grano, per ora noi offriamo sull’altare dei pani, che potrebbero davvero chiamarsi “sitista” [letteralmente “formato di grano”], poiché i pani sono costituiti da grano. Dio quindi ci chiama a prendere parte alle cose buone sia delle Scritture dell’Antico Testamento che del Nuovo. Ma quando vedete qualcuno che interpreta chiaramente le parole divine, sappiate che sta dando carne ingrassata con cereali. Infatti, quando insegna con chiarezza, è come se nutrisse gli incolti con cibi ricchi. Senza dubbio ti chiederai perché qui dice: “Chiama coloro che furono chiamati”. Se sono già stati invitati, perché li inviteranno di nuovo? Impara dunque che ciascuno di noi è stato chiamato per natura al bene, poiché siamo chiamati dalla parola del maestro innato in noi. Ma Dio manda anche dei maestri esterni a chiamarci dall’esterno, noi che per primi siamo stati chiamati dalla parola nella nostra natura. Il re inviò i suoi eserciti, cioè le legioni romane, e distrusse gli ebrei disobbedienti e incendiò la loro città, Gerusalemme, come dice anche il veritiero Giuseppe Flavio (Storia delle guerre giudaiche).
8-10. Poi dice ai suoi servi: Il banchetto di nozze è pronto ma gli invitati non erano degni; andate dunque agli incroci delle strade e quanti trovate, chiamate al banchetto di nozze. I suoi servi uscirono per le strade e radunarono tutti coloro che trovarono, cattivi e buoni, e fu piena di commensali la sala delle nozze. Poiché i servi precedenti, Mosè, quelli con lui e i profeti, non li persuadevano, manda altri servi, gli apostoli, e chiamano i gentili che non camminano nella vera via, ma sono divisi, alcuni qui, altri lì, separati in molti modi e dottrine. Si trovano infatti agli incroci lungo le strade, cioè nel mezzo di errori, illusioni e deviazioni. Erano anche in disaccordo tra loro, e non erano sulla vera v, ma lungo le uscite, che sono le dottrine malvagie che insegnavano. Infatti non tutti si accontentavano delle stesse dottrine, ma alcuni di queste e altri di quelle. Ma forse una spiegazione ancora migliore è questa: la strada è la vita e il modo in cui vive ogni uomo; gli incroci della strada sono dottrine. I Greci pagani, dunque, percorrono strade malvagie, cioè conducono una vita riprovevole, e da questa vita malvagia si sono deviati verso dottrine empie, erigendo degli dei vergognosi a protettori delle loro stesse passioni. Così gli apostoli, uscendo da Gerusalemme verso i pagani, radunarono tutti, cattivi e buoni, quanti cioè erano pieni di ogni malvagità ma anche quanti erano meno malvagi, che egli chiama buoni rispetto agli altri.
11-14. Essendo entrato allora il re per vedere i commensali, vide un uomo non vestito con l’abito da nozze e gli dice: Amico, come sei entrato qui senza avere l’abito da nozze? Ma egli tacque. Allora il re disse ai servi: Legatelo piedi e mani e gettatelo nella tenebra di fuori; là sarà pianto e stridore di denti. Molti infatti sono chiamati e pochi eletti. L’ingresso nelle nozze avviene senza distinzione di persone, perché solo per grazia tutti siamo stati chiamati, buoni e cattivi allo stesso modo; ma la vita successiva di coloro che entrano non sarà priva di esame, perché in effetti il re esamina con estrema attenzione quelli che si trovano contaminati dopo essere entrati nella fede. Tremiamo, allora, quando comprendiamo che se uno non conduce una vita pura, la sola fede non gli giova affatto. Infatti non solo viene scacciato dal banchetto nuziale, ma viene mandato nel fuoco. Chi è colui che indossa abiti sporchi? È lui che non è rivestito di compassione, di bontà e di amore fraterno. Molti infatti ingannano se stessi con vane speranze, pensando di raggiungere il regno dei cieli, e si uniscono all’assemblea dei commensali, stimando grandi cose di se stessi. Giustificato nei confronti di quell’uomo indegno, il Signore ci dimostra queste due cose; primo, che Egli ama l’umanità, e in secondo luogo, che non dovremmo giudicare nessuno, anche se pecca apertamente, a meno che non sia stato rimproverato per il suo peccato. Il Signore dice poi ai suoi servi, gli angeli del castigo: “Legategli le mani e i piedi”, cioè le forze d’azione dell’anima. Perché nell’età presente è il tempo di fare e di agire, ma nel secolo a venire tutte le forze d’azione dell’anima sono vincolate, e allora l’uomo non potrà fare nulla di buono che possa controbilanciare i suoi peccati. Il digrignare i denti è il pentimento senza senso che allora avrà luogo. Molti sono i chiamati, perché Dio chiama molti, anzi tutti, ma pochi sono gli eletti. Pochi vengono salvati e ritenuti degni di essere scelti da Dio. Chiamare è parte di Dio, ma diventare uno degli eletti o no, è parte nostra. Mostra dunque che questa parabola fu detta per i Giudei chiamati ma non eletti, perché non avevano ascoltato.


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