Omelia di San Giovanni di Kronstadt
Oggi, amati fratelli, è stato letto il Vangelo di Giovanni sulla guarigione di un uomo cieco dalla nascita da parte di Gesù Cristo: avete ascoltato questa storia divina. Il Signore, la Luce del mondo, compì tale grande miracolo in questo modo: sputando per terra, fece dell’argilla con lo sputo, cioè una soluzione di terra e umidità, e unse gli occhi del cieco con l’argilla, dicendo: «Va’, lavati nella piscina di Sìloe (che si traduce ‘Inviato’). Egli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.»(Gv 9, 6-7) Ma, cosa ancora più importante, questo cieco riacquistò la vista con i suoi occhi spirituali, non solo con quelli fisici. Credeva in Gesù Cristo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo, a vergogna di tutti i sapienti e i prudenti tra gli ebrei, che non credevano nel Signore nonostante la moltitudine dei Suoi miracoli, che testimoniavano chiaramente la Sua divina onnipotenza. Questa circostanza, ovvero l’incredulità dei dotti e nobili ebrei in Gesù Cristo come Dio-uomo, mi dà motivo di parlarvi brevemente della cecità spirituale, che è molto più pericolosa e più degna di pietà, e talvolta di lacrime, della cecità fisica.
La vista è la facoltà più nobile del nostro corpo mortale e dà all’uomo il massimo beneficio e piacere, come ognuno di noi sa; e perdere la vista significa perdere quasi metà della propria vita: non vedere il sole, non vedere nessuno o niente, né se stessi né gli altri, né ciò che ci circonda, non vedere la bellezza del cielo e della terra, né tutto ciò che è in cielo, in terra e nel mare, quindi questo significa quasi la stessa cosa che essere morti. Ma, fratelli e sorelle, una persona che è dotata dal Creatore di un’anima razionale, capace di conoscere la verità, che è la sua vita, e che, per orgoglio, caparbietà e testardaggine, non vuole conoscerla, che va contro la propria ragione e coscienza e contro Dio e il popolo, non è forse il più infelice cieco, infelice per sua libera volontà, ovvero maliziosamente infelice, che usa volontariamente per il male il più grande dono di Dio all’uomo: la ragione e il libero arbitrio, che lo distinguono da tutti gli animali muti? Non è forse l’animale più ingrato, davanti al suo Creatore, ricusando i Suoi meravigliosi doni alle Sue creature intelligenti? Non è forse uno stolto o un pazzo per propria scelta, avendo pervertito la sapienza data da Dio in follia e chiamando bene il male e male il bene, dolce l’amaro e l’amaro dolce? E tali erano i farisei e gli scribi e i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo d’Israele durante la vita terrena di Gesù Cristo: vedendo i miracoli di Gesù Cristo compiuti tra il popolo, i miracoli più benefici, ascoltando il Suo saggio e salvifico insegnamento e vedendo la Sua vita completamente giusta, santa ed esemplare, essi attribuirono i miracoli al potere dei demoni, travisarono il significato delle Sue parole, Lo bestemmiarono come un pazzo, un posseduto e un adulatore, o un ingannatore e, infine, come un malvagio ribelle, tradirono il più santo di tutti i santi, il Figlio di Dio, condannandolo a un’esecuzione vergognosa. Questa è terribile cecità spirituale! Non è forse degna di ogni disgusto e lacrime amare? Perché una persona la cui anima è accecata dall’orgoglio e dalla testardaggine è la più sfortunata, come una preda sicura dell’inferno, come un demone satanico, imbevuto dell’orgoglio e della malizia di suo padre, il diavolo. Questa è bestemmia contro lo Spirito Santo, quando una persona, per orgoglio e testardaggine, non vuole credere alla verità ovvia, mostrata da tanti evidenti miracoli. Non c’è perdono per una persona simile, né in questo tempo né nell’età a venire (cfr. Mt 12,32), non perché i nostri peccati sconfiggano l’amore di Dio per l’umanità, ma perché la persona stessa perisce nell’orgoglio, nell’ostinazione, nella malizia, nella menzogna e nell’impenitenza.
Cosa genera tale cecità in una persona? Perché? Essa deriva dall’eccessivo amor proprio, dall’orgoglio e dalla presunzione, da una disposizione maligna del cuore, dall’invidia e dalla costante sazietà e golosità. “Sì, ti sei ingrassato, impinguato, rimpinzato e ha respinto il Dio che lo aveva fatto” (Dt 32,15), dice la Scrittura. Ci sono molti di questi ciechi liberali, figli della perdizione, ai nostri giorni, proprio come ce ne sono sempre stati. Ai nostri giorni, questi ciechi liberali sono prodotti o dalla scienza liberale, non secondo la ragione del Vangelo, ed essa insegna che tutto nel mondo è accaduto da sé, per natura, e che l’uomo, in quanto figlio della natura, scompare con la sua morte, che presumibilmente non ci saranno resurrezione e giudizio e un’altra era senza fine. Piuttosto ci saranno conversazioni liberali e, in generale, una comunità e un dialogo con persone frivole e incredule, oppure una vita appagante, spensierata e allegra, piena di immoralità e vizi quotidiani, in cui si spegne l’ultima scintilla cristiana. Persino i ciechi induriti nell’anima sono afflitti da amarezza e disperazione, disobbedienza alle autorità esistenti, da un’intenzione frenetica e assurda di stare in piedi da soli, di realizzare le proprie assurde idee o piani e intenzioni.
Tali sono gli anarchici o i nichilisti di oggi che, nella loro cecità, pensano di ricreare e rivoluzionare la società a modo loro, immaginando che i loro piani siano i migliori e che porteranno il massimo beneficio alla gente, quasi un’età dell’oro. Questi maledetti vanno dritti all’inferno e non fanno altro che malvagità e sporchi trucchi, ma sognano qualche beneficio per la gente. Che bene ci si può aspettare da loro? Un albero si riconosce dai suoi frutti e i nichilisti dalle loro azioni infernali. Dio, salva il popolo ortodosso da tali capi!
Fratelli! Fuggite da questa cecità e da ogni cecità che nasce dalle passioni del peccato: egocentrismo, presunzione e orgoglio, malizia, invidia, ostinazione e testardaggine, ubriachezza e intemperanza, avidità, fornicazione e lussuria, sconforto e disperazione. Amen.