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Omelia sulla parabola del seminatore

di San Giovanni di Kronstadt

Oggi, miei cari, è stata letta la parabola del Vangelo sul seminatore e la semente, sulla ineguale qualità del terreno su cui la semente è caduta e sui vari destini del seme. Il Signore stesso, al termine della lettura evangelica, su richiesta dei suoi stessi discepoli, spiegò la parabola (Luca 8, 5-15).

Povero, miserabile uomo! Quanti ostacoli incontra in una questione così importante come quella di salvare la propria anima! Poiché egli stesso calpesta il seme salvifico della parola di Dio, che potrebbe renderlo edotto della salvezza; e lo calpesta intenzionalmente, coscientemente e sorridendone, o per frivolezza, per negligenza o per ignoranza; poiché il malfattore universale e il nemico della razza umana, il diavolo, strappa via la parola salvifica; poiché il suo cuore indurito e ostinato non gli permette di essere salvato; poiché le spine – o le varie preoccupazioni, le passioni e i piaceri della vita, insieme alle ricchezze – gli pongono davanti insormontabili ostacoli alla salvezza. Solo pochi, che con cuore onesto e buono e con vera ragione danno alla loro salvezza il valore che essa ha, utilizzando pazientemente i mezzi per la salvezza che ci sono stati dati, sono salvati. Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Stupefacente! Cosa accade dunque? Chi incolpare di questa assurdità, di questa volontaria perdizione degli uomini? L’uomo stesso è da biasimare, per aver calpestato – e per avere spesso imparato a calpestare ogni giorno – i meravigliosi, grandi e innumerevoli doni di Dio. Il Signore Dio, che lo ha creato a Sua immagine e somiglianza, in rettitudine e santità, gli ha concesso ogni opportunità, ogni mezzo e ogni virtù, per la vita e la pietà. L’uomo, nella sua pigrizia e ignoranza, nella sua negligenza e ostinazione, nella sua irragionevole predilezione per il qui e ora, è come un’ombra che attraversa la vita, precipitando a capofitto verso la perdizione scostando da sé la mano salvifica di Dio. Di chi è la colpa di questa perdizione, se non dell’uomo stesso? Dirai: è impossibile, o almeno difficile, essere salvati! Ma in realtà, innumerevoli moltitudini di uomini come te sono state salvate; anche adesso vengono salvati, sebbene non molti. «Essere salvati è difficile!» Ma davvero vuoi ottenere la vita eterna – in unione benedetta con Dio, la Deipara, gli Angeli e tutti i Santi – senza fatica? Senza il lavoro dell’auto-purificazione, assistito dalla grazia, senza il lavoro della preghiera e della vigilanza, senza l’elemosina, senza la mitezza, senza l’umiltà, senza l’astinenza? Nel guadagnarci i beni terreni non pensiamo che sia superfluo il lavoro, e spesso ci lavoriamo con tutte le nostre forze; ma quando si tratta di ottenere la beatitudine eterna, alziamo le mani. Non è che la questione della salvezza sia estremamente difficile: “Poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”, dice il Salvatore (Matteo 11, 30). Sì, con l’aiuto di Dio diventa gradualmente facile, sebbene all’inizio sia ostacolato dalla persistente guerra con il peccato. Ma il peccato stesso non è forse una questione di estrema difficoltà, essendo innaturale ed estraneo alla nostra natura divina? Il peccato non è tortuoso? Se ci affatichiamo nel peccato, come allora non possiamo affaticarci nella giustizia, nel salvare la nostra anima dal peccato? Là, il fine è la morte; ma qui, la vita eterna. «Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna» (Romani 6:23).

La parabola del seminatore e della semente è stata data non solo per incoraggiare gli ascoltatori con un cuore onesto e buono ad adempiere la parola di Dio con più zelo o con maggiore perfezione nella virtù, ma anche affinché i dissoluti, i negligenti, e quanti sono schiavi delle passioni possano essere spinti a dare attenzione, ad ascoltare attentamente la parola di Dio e a mettere con timore in opera la loro salvezza. La grazia di Dio può cambiare in meglio qualsiasi cuore, compiendo il miracolo della salvezza in qualsiasi uomo, se solo egli crede, se desidera di essere salvato, se cerca la salvezza e ammette l’abisso dei suoi peccati, così come l’abisso che i peccati hanno prodotto tra peccatori e Dio. Basta che egli si sottometta alla grazia salvifica di Dio e non discosti la mano salvifica di Dio. Ci sono stati e ci sono migliaia di esempi di uomini salvati che prima erano dissoluti, frivoli, duri di cuore e schiavi di ogni sorta di passione. Hanno dato ascolto alla parola di Dio, non hanno resistito, l’hanno seguita – e sono stati salvati, e ora sono nella beatitudine del Regno dei Cieli. Niente è impossibile per Dio: può salvare un peccatore incallito; Può innalzarlo dalla fossa dell’inferno all’altezza del Suo Regno e della sua eterna beatitudine – come il saggio ladro, come Maria Egiziaca, che stava annegando nell’abisso del peccato. L’uomo, da parte sua, deve semplicemente desiderare, chiedere e cercare ardentemente la salvezza; poiché il Signore non desidera attirarci con la forza alla salvezza, in modo che la salvezza, come qualcosa che ci viene imposto, non divenga repellente: poiché noi ci teniamo caro e giudichiamo piacevole soltanto ciò che noi stessi siamo giunti ad amare e al quale siamo diventati simili, solo ciò che è diventato il nostro tesoro e, per così dire, la nostra natura. E tale è precisamente la virtù cristiana, tale è il Regno di Dio: bisogna conoscerla, amarla con tutto il cuore, assimilarla qui sulla terra, radicarla nel proprio cuore in modo che penetri completamente tutta la nostra anima, senza lasciare posto nel cuore al peccato pernicioso e insidioso.

Cristiano! Metti da parte la tua pericolosa dissipazione, la tua incredulità, la tua negligenza, la tua indolenza, la tua pigrizia nel cercare la salvezza; non calpestare i meravigliosi doni della grazia; leggi o ascolta sinceramente la parola di Dio, che ti apre la via della salvezza; mettila in opera con la massima comprensione e forza; vinci la tua durezza di cuore e la tua ostinazione; addolcisci il tuo cuore come cera con la fiamma della grazia del Santo Spirito e con lacrime di pentimento; allontana dal tuo cuore le spine del peccato, anche se questo è grave e doloroso, perché sono diventate una seconda natura per te. Non puoi, dici; ma la grazia di Dio è onnipotente: ti aiuterà a compiere facilmente l’intera opera della tua salvezza.

Parlando dei semi della parola di Dio che nutrono l’anima dell’uomo, ricordo anche quel seme terrestre e deperibile: il seme del pane, l’attuale cattivo raccolto dei campi di grano e l’alto costo del pane, un costo alto senza precedenti. Il cattivo raccolto è stato causato dalla distruzione del grano da parte di insetti e vermi, o dalla siccità. Da dove vengono queste afflizioni? Dai nostri peccati. Non abbiamo offerto al Signore Dio i frutti del nostro pentimento e la correzione della nostra vita miserabile; il Signore porta via i nostri beni terreni, per i quali non sapevamo e non volevamo essergli grati; non volevamo fare la Sua volontà e siamo diventati malvagi, astuti, orgogliosi, falsi, sfrenati, chiacchieroni e sboccati, avari, crudeli, spilorci, spietati e impuri. Ovviamente, la verga della giustizia paterna pende sopra di noi. Dio ci punisce con il fallimento dei raccolti, gli incendi, le inondazioni, le guerre estenuanti e le difficoltà e le malattie distruttive. Ma torniamo ai nostri sensi: ci pentiamo, ci correggiamo? Non siamo diventati ostinati, i nostri cuori non sono diventati completamente di pietra? Liberaci, o Dio! Dove sarà allora il Regno di Dio sulla terra, se non nei cristiani che si definiscono ortodossi, in una terra ortodossa, dove ci sono così tanti preziosi santuari ortodossi dedicati a Dio, così tante sacre reliquie di uomini graditi a Dio, così tante icone miracolose, tante magnifiche chiese, in cui ci sono tali Offici celesti sulla terra? «Il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una nazione che ne porti i frutti» (Matteo 21, 43).

Sì, ci sia dato di non vergognarci per sempre; il Signore ci corregga con la verga del castigo, e possa non privarci della sua misericordia e del suo regno. Amen.


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