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Il buon samaritano

Commento alla pericope evangelica dell’ottava Domenica di Luca. (Luca 10, 25-37)
Dal Commento al Vangelo secondo Luca del Beato Teofilatto, Arcivescovo di Ochrid e Bulgaria

25-28. Ed ecco, un dottore della Legge, volendo metterlo alla prova, si alzò e disse a Gesù: «Maestro, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù allora gli disse: «Che c’è scritto nella Legge? Come leggi?» Egli rispose e disse: «Ama il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esatto; fa’ questo e vivrai».

Questo dottore non era solo arrogante e orgoglioso ma anche disonesto, come risulta da quanto segue. Viene per mettere alla prova il Signore, e immaginava che con la risposta che avrebbe dato lo avrebbe fatto inciampare. Ma il Signore lo conduce proprio alla legge di cui il dottore della legge vantava una così grande conoscenza. Guarda come proprio la legge ci comanda di amare Dio. L’uomo è più perfetto di tutte le altre cose create, essendo in qualche modo come tutte le cose create, ma in più avendo qualcosa di eccezionale. Ad esempio, c’è una parte dell’uomo che è come la pietra, perché ha capelli e unghie insensibili, come una pietra. Ed è anche in parte come una pianta, in quanto cresce, si nutre e genera i suoi simili, proprio come fanno le piante. In parte è come gli animali irrazionali, nel senso che prova emozioni, si arrabbia e desidera. Ma a differenza di tutti gli altri esseri viventi, lui è anche in parte simile a Dio, in quanto ha una mente. Pertanto la legge insegna che l’uomo deve donare ogni parte di sé interamente a Dio e deve spendere tutte le forze della sua vita nell’amare Dio. Quando la legge dice “con tutto il cuore”, parla di quella forza della vita umana che è puramente fisica e organica, forza presente anche nella vita vegetale. Quando la legge dice “con tutta l’anima”, parla di quella forza della vita umana che sente, forza presente anche negli animali. Quando la legge dice “con tutta la mente”, parla di quel potere che è unico per l’uomo, l’intelletto. Con tutta la tua forza significa che dobbiamo usare tutti questi poteri per attirare [il nostro “io” testardo verso Dio]. Dobbiamo imbrigliare anche la forza organica e vegetale della nostra anima nell’amore di Cristo. Come? Con forza e non fiaccamente. Dobbiamo anche sottomettere con forza la potenza di tutti i nostri sensi all’amore di Cristo. Quanto alla potenza della nostra anima razionale, anche questa dobbiamo sottometterci con tutte le nostre forze all’amore di Cristo. Dobbiamo allora donare tutto, di noi stessi, a Dio e sottomettere le nostre facoltà biologiche, sensoriali e intellettuali all’amore di Dio. “E il tuo prossimo come te stesso”. La legge non era ancora in grado di insegnare la perfezione a causa dell’immaturità spirituale dei suoi ascoltatori. Quindi la legge esortava l’uomo ad amare il prossimo solo come sé stessi. Ma Cristo ha insegnato all’uomo ad amare il prossimo più di sé stessi. Infatti dice: Nessuno ha amore più grande di questo, di dare la vita per i propri amici. [Gv. 15, 13] Perciò dice al dottore della legge: “Hai risposto bene”. Poiché sei ancora soggetto alla legge, hai risposto correttamente, perché i tuoi pensieri sono conformi alla vecchia legge.

29-37. Ma quegli, volendo giustificare sé stesso, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose e disse: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, quando incappò nei briganti che lo spogliarono, lo coprirono di botte e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso scendeva per quella strada un sacerdote, lo vide e passò dall’altra parte. Allo stesso modo anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò dall’altra parte. Invece un samaritano che era in viaggio, venne presso di lui, lo vide e ne ebbe compassione. Si avvicinò e fasciò le sue ferite versandovi sopra olio e vino. Poi lo caricò sul proprio giumento, lo portò in una locanda e si prese cura di lui. L’indomani, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più te lo renderò al mio ritorno”. Quale di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che si era imbattuto nei briganti?» Quello rispose: «Chi ha avuto misericordia di lui”. Gesù allora gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso.»
Dopo che il Salvatore lo ebbe elogiato, l’orgoglio e l’arroganza del dottore non conobbero limiti. Per questo disse: “E chi è il mio prossimo?” cioè: “Chi mi è vicino?” Si credeva giusto e pensava che non esistesse nessuno come lui e che nessuno potesse avvicinarsi a lui in virtù. Immaginava che un uomo giusto potesse avere come “prossimo” solo un altro uomo giusto. Volendo dunque mostrarsi giusto e superiore a tutti gli uomini, dice con alterigia: E chi è il mio prossimo? Ma il Salvatore, come Creatore di tutto, sapendo che tutti gli uomini sono una creazione, definisce il prossimo non secondo le opere o i meriti, ma secondo la natura umana. “Non pensare – dice – che, solo perché tu sei giusto, nessuno sia come te. Tutti gli uomini condividono la stessa natura e quindi tutti gli uomini sono tuoi prossimi. Perciò anche tu devi essere loro prossimo ed essere vicino. a tutti, non per il luogo, ma per la disposizione del tuo cuore e per la tua sollecitudine verso gli altri. Perciò ti presento un Samaritano come esempio, per mostrarti che, per quanto diverso o estraneo potesse sembrare, era il prossimo di chi ha bisogno di misericordia. Anche tu devi mostrarti prossimo con la tua compassione e, anche se non ti viene chiesto, devi andare in aiuto degli altri”. Impariamo così da questa parabola ad essere sempre pronti alla misericordia e ad affrettarci per stare vicino a chi ha bisogno del nostro aiuto. Ma questa parabola ci insegna anche la bontà di Dio verso l’uomo. Era la nostra natura umana che scendeva da Gerusalemme, cioè scendeva dalla tranquillità e dalla pace, perché Gerusalemme significa visione di pace. Dove stava discendendo l’uomo? A Gerico, luogo sprofondato e soffocante di caldo, cioè ad una vita di passioni. Badate che Lui non ha detto: “era sceso”, ma “stava scendendo”. Perché la natura umana decaduta è sempre incline al basso, non solo una volta, ma scende continuamente verso la vita succube delle passioni. E l’uomo “incappò nei briganti”, cioè tra i demoni. Perché se l’uomo non scendesse da quell’alto luogo dove regna la mente spirituale, non cadrebbe tra i demoni che spogliano l’uomo, privandolo della sua veste di virtù, e poi gli infliggono le ferite del peccato. Ci spogliano di ogni buon pensiero e della protezione di Dio, e quando siamo così nudi, si depositano sui lividi del peccato. Lasciano la natura umana mezza morta, cioè con un corpo mortale e un’anima immortale. E la natura umana è rimasta solo mezza morta, nel senso ulteriore che l’uomo non giaceva completamente disperato, ma sperava di trovare la salvezza in Cristo. La natura umana non era stata ancora completamente uccisa; sebbene la morte fosse entrata nel mondo a causa della trasgressione di Adamo, la morte sarebbe stata presto abolita dalla giustizia di Cristo. Il sacerdote e il levita rappresentano la legge e i profeti, che desideravano rendere giusta la natura umana, ma non potevano farlo. Infatti non è possibile, dice Paolo, che il sangue di tori e di capri tolga il peccato. [Ebr. 10, 4] La legge e i profeti ebbero pietà dell’uomo e cercarono di guarirlo. Ma furono sconfitti dalla gravità delle ferite del peccato e passarono nel passato. Questo è ciò che significa il fatto che passarono oltre. La legge venne e si fermò sull’uomo caduto, ma poiché non poteva guarirlo, si allontanò con disgusto e andò “dall’altra parte”. Bada come le parole “per caso” abbiano anche un certo significato spirituale. Infatti la legge non fu data con lo scopo esplicito [di guarire le ferite del peccato, perché Cristo, e non la legge, doveva essere la guarigione della ferita di Adamo]. Invece, la legge è stata data [come misura di ripiego] a causa della debolezza umana, che non poteva accogliere immediatamente il mistero di Cristo. Per questo dice che avvenne così, o, come noi diciamo, “per caso”, e non intenzionalmente, che il sacerdote, significando la legge, venne a guarire quell’uomo. Ma il nostro Signore e Dio, che per causa nostra è stato reso una maledizione [Gal. 3, 13], ed era chiamato Samaritano [Gv. 8, 48], ha viaggiato verso di noi, cioè il Suo viaggio aveva come scopo e meta la nostra guarigione. Egli non ci ha solo intravisto passando di lì: è venuto veramente da noi, ha vissuto insieme a noi e ci ha parlato. Perciò ha subito fasciato le nostre ferite. Non permise più alla malvagità di operare in noi liberamente e a suo piacimento, ma legò e frenò la nostra peccaminosità e versò olio e vino. L’olio è la parola maestra che esorta alla virtù con la promessa di cose buone; il vino è la parola dell’insegnamento che ci conduce alla virtù attraverso il timore della punizione. Ad esempio, quando senti il Signore dire: Vieni a me e io ti darò riposo [Mt. 11, 28], questo è l’olio della letizia e del riposo. Ed è lo stesso quando dice: Venite ed ereditate il regno preparato per voi [Mt. 25, 34]. Ma quando dice: «Andate nelle tenebre» [Mt 25, 30], questo è il vino dell’insegnamento tagliente che punge mentre purifica le nostre ferite. Puoi anche intenderlo così: l’olio rappresenta le azioni umane di Cristo e il vino rappresenta la Sua divina azioni, perché posso dire che il Signore a volte ha agito come uomo e a volte come Dio. Quando mangiava, beveva e si rilassava, senza mostrare l’austerità e l’ascetismo di Giovanni il Precursore, questo è l’olio. Ma il suo digiuno straordinario, Il suo camminare sulle acque e tutte le sue grandi opere della potenza divina, questi sono il vino. Possiamo paragonare la divinità di Cristo al vino, che nessuno potrebbe tollerare se fosse versato su una ferita, a meno che non fosse temperato con olio, cioè , accompagnato dalla sua umanità. Pertanto, poiché Cristo ci ha salvati sia con la sua divinità che con la sua umanità, per questo si dice che furono versati olio e vino. E ad ogni battesimo coloro che vengono battezzati vengono liberati dalle ferite dell’anima quando vengono cresimati con l’olio del myron e poi subito si comunicano del Sangue divino. Il Signore ha innalzato la nostra natura ferita “sul proprio giumento”, cioè sul Suo stesso Corpo. Egli infatti ci ha fatti membra di Sé e comunicanti del suo stesso Corpo; e quando eravamo coricati, feriti, Egli ci ha elevati alla sua stessa dignità, facendoci un solo Corpo con Lui. La locanda è la Chiesa, che tutto accoglie. La legge, invece, non ha ricevuto tutti. Infatti la legge dice: gli Ammoniti e i Moabiti non entreranno nella Chiesa di Dio [Dt. 23, 3] Ma ora, da ogni tribù e popolo, Dio accetta coloro che lo temono e che desiderano credere e diventare membra del Corpo di Cristo, la Chiesa. Dio accoglie tutti, anche i peccatori e i pubblicani. Guardate la precisione della Sua espressione, come dice che il Samaritano lo condusse in una locanda e si prese cura di lui. Prima di portarlo alla locanda, si era limitato a fasciare le ferite. Che cosa sto dicendo allora? Che quando fu fondata la Chiesa, divenuta la locanda che accoglie tutti, e fu accresciuta dalla fede di quasi tutti i popoli, allora ci furono i doni dello Spirito Santo e la grazia di Dio si diffuse ovunque. Puoi impararlo dagli Atti degli Apostoli. L’oste è tipo e simbolo di ogni apostolo, maestro e arcipastore, al quale il Signore diede due denari, che rappresentano i due Testamenti, l’Antico e il Nuovo. Proprio come entrambe le monete portano l’immagine di un unico re, così entrambi i Testamenti portano le parole dello stesso Dio. Quando il Signore ascese al cielo lasciò queste due monete nelle mani degli Apostoli e nelle mani dei vescovi e dei maestri di ogni generazione. Ed egli disse loro: E qualunque cosa spenderai di più del tuo, te la ripagherò. Gli Apostoli, infatti, si spesero molto di più: con grandi fatiche seminarono ovunque la parola dell’insegnamento. E quei dottori di ogni generazione che hanno spiegato l’Antico e il Nuovo Testamento hanno anche speso molto del loro tempo, per il quale saranno ricompensati quando il Signore ritornerà alla seconda venuta. Allora ciascuno di loro gli dica: Signore, mi hai dato due soldi; ecco, altri due soldi li ho spesi dei miei. E a lui il Signore risponderà: “Ben fatto, buon servitore”.

 


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