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Il riposo dell’anima

Il rimprovero di sé come terapia

† di Sua Eminenza, il Metropolita Cipriano di Oropos e Filì
(1935-2013)

Il Metropolita Cipriano

Le afflizioni e le tentazioni sono indissolubilmente unite alla vita delle persone pie, poiché in esse si realizzano le parole del nostro Salvatore: «Nel mondo avrete afflizioni».
Tuttavia ciò che prolunga il dolore, lo trasforma in tristezza costante e in scoraggiamento, e che conduce finalmente l’uomo alla disperazione, provocandogli problemi psicologici incurabili sono l’auto-giustificazione e la mancanza di fede profonda nel fatto che tutto accade secondo la Provvidenza del nostro Dio, amico degli uomini.
Si può probabilmente localizzare in questo punto la causa del malessere di molti cristiani del nostro tempo.
Se troviamo continuamente giustificazioni, se evitiamo di riconoscere i nostri errori e abbiamo paura di perdere la stima degli altri, tutto ciò dimostra una mancanza di umiltà e di pentimento.
Questo sforzo costante di giustificare sé stessi allontana la Grazia del Santo Spirito e l’anima rimane priva di pace e di sollievo.
Ma perché, fratello mio, tu scacci la misericordia di Dio? Perché ti agiti respingendo qualunque accusa, qualsiasi cosa che ti offende? Se non hai commesso oggi uno sbaglio, dimentichi che ne hai commessi nel passato e che hai addolorato il nostro Signore? Perché dunque ti rivolti, rimani contrariato e ti rattristi?

Abba Zosima, medico spirituale ispirato da Dio, ci dà consiglio ricordandoci quanto segue:
«Quello che ti danneggia e che ti insulta è il “ferro incandescente di Gesù” per cauterizzare le tue ferite, che ti libera dalla cupidigia e dall’orgoglio… Tuttavia se non lo sopporti e se non solo non ringrazi, ma intrecci pensieri contro colui che ti ha offeso, è come se tu dicessi a Gesù: “Non voglio che Tu mi guarisca, non accetto le Tue medicine, desidero marcire nelle mie piaghe”… In questo caso, cosa può fare il Buon Dio per te?… Sappi, fratello, che chi sfugge una tentazione benefica sfugge la vita eterna.»

* * *

Non dobbiamo mai dimenticare che tutto ciò che permette il nostro Salvatore nel Suo amore per gli uomini è per il nostro bene, unicamente per la nostra guarigione: «Vuole davvero essere salvato», dice San Massimo il Confessore, «soltanto chi non si oppone alle medicine del medico; queste sono i diversi dolori, le diverse afflizioni che dobbiamo affrontare.»
Quindi, dobbiamo riferire tutto a Dio, persino le cose più semplici e più spregevoli; giacché così è la volontà di Dio, dobbiamo sottometterci con serenità, con piena fiducia nella Sua Provvidenza paterna.
I Santi Padri ci dicono che il grande lavoro dell’uomo è esattamente questo: avere sempre davanti agli occhi i propri peccati, rimproverare sé stesso e aspettare la tentazione e la prova fino all’ultimo respiro.
«Abba Antonio disse ad Abba Poemen: Questo è il grande lavoro dell’uomo, di prendere la sua propria colpa su di sé davanti a Dio, e di attendersi la tentazione fino all’ultimo respiro.»
Dunque non dare continuamente la colpa su gli altri, non giustificarti, non vedere le cose che ti accadono in modo così umano, perché con questa atteggiamento avrai sempre l’anima piena di agitazione e di afflizione.

Impara a rimproverare te stesso, a pentirti, a umiliarti e a vedere tutto attraverso il prisma della volontà di Dio; e non dimenticare mai che il fatto di riconoscere la nostra colpa, che noi siamo veramente colpevoli o no, ha sempre risultati terapeutici.
Ricordati il Profeta Davide che pronunciò queste parole memorabili, quando Simei lo stava maledicendo:
«Lasciatelo maledirmi, perché il Signore glielo ha detto; forse il Signore vedrà la mia umiltà e mi manderà beni invece della sua maledizione in quel giorno.»
(2 Re 16, 11-12 [2 Sam 16, 11-12])
Che questa grandiosa auto-accusa del Profeta e Re Davide ti serva di guida sicura, particolarmente quando affronti sventure e afflizioni involontarie, affinché tu possa conservare la tua pace interiore, che la tua anima trovi il riposo e che il tuo cuore sia guarito…

† 2 Domenica di Luca,
3/16.10.2005


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