Theodoros | Vita e teologia ortodossa

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M. Benedetta Artioli (a cura di)
Anthologhion
Roma, Lipa, 1999

Finalmente una traduzione di grande dignità presenta in lingua italiana una gran parte dei tesori della innologia della Chiesa Ortodossa di tradizione bizantina: tradotto l'Anthologhion, una fatica improba di M. Benedetta Artioli e un grosso impegno della Lipa ed. di Roma.

Nel 1967 la Chiesa Romana preparò ad uso delle comunità uniate di lingua greca un ampio compendio delle Officiature contenute nei libri dell'Orologhion, Parakletikì, Minei, Triodion e Pentecostarion, raccolti in quattro densi volumi in carta india (un po' a modo della tradizione del Breviario romano). Con tutti i limiti che un ortodosso può vedere in questa edizione, si dovette anche riconoscere una serie indubbia di pregi:

  1. metteva a disposizione tutto il necessario per le Officiature del Vespro, del Mattutino (Orthros), della Compieta (Apòdipnon) e delle Ore, integre per tutti gli Offici eccetto che per il Mattutino, per il quale, nelle domeniche e nelle feste, si presentano i canoni interi, mentre nei giorni feriali e nelle Commemorazioni questi sono limitati alla sola nona Ode (discutibile questa ultima scelta: forse avremmo preferito le Odi abbreviate - Irmo e primo tropario - ma tutte);
  2. presentava un testo accuratamente emendato sui più importanti manoscritti antichi, quindi affidabile talora più delle edizioni ortodosse correnti (a onor del vero), anche se una edizione critica, seppure opera colossale, resta ancora auspicabile;
  3. aveva una veste tipografica ineccepibile.

È evidente che un simile testo era inaccessibile a chi non conoscesse il greco.

Ora M. Benedetta Artioli, monaca cattolico-romana (e non uniata) del Monastero della Piccola Famiglia dell'Annunziata di Montesole (Bologna) ha compiuto lo sforzo di tradurre i quattro volumi del '67, e la Casa editrice Lipa quello di pubblicarli. E' appena uscito questo primo volume contenente i Minei da Settembre a Febbraio e l'intera Parakletikì, oltre naturalmente all'Orologhion. In Appendice sono riportate le katavasie varie in uso in questo arco di tempo ed il Piccolo Canone Paraklitikos della Deipara Vergine. Il tutto è corredato di note e di un ricco glossario. Infine, tutto il libro porta le referenze bibliche a margine del testo.

Le comunità ortodosse italofone - anche se il lavoro non è probabilmente destinato a loro - non possono che ringraziare Sr. Benedetta che li fa uscire da un limbo di traduzioni approssimative, spesso veramente penose, da fogli e foglietti improvvisati, e mette nelle loro mani una traduzione veramente "degna" delle Sacre Officiature, fedele al testo - anche quando questa fedeltà è sofferta - lirica quanto necessario per rendere testi poetici e destinati al canto, oltre ad essere effettivamente cantabile nei toni bizantini. Finora infatti l'unica degna traduzione era quella dell'arciprete Antonio Lotti (Compendio Liturgico Ortodosso, Rimini, Il Cerchio, 1990), alla quale avevo avuto l'onore di collaborare, traduzione pregevole (anche se necessariamente ridotta per i pochi mezzi, umani e finanziari, degli ortodossi italiani) che Sr. Benedetta ha certo avuto sotto gli occhi, come si evidenzia da talune espressioni che ella ha felicemente ricalcato.

Premesso questo più che meritato elogio, qualche piccola osservazione: non mi è piaciuta la traduzione del versetto 7 del salmo 50 (ovviamente della LXX), nel quale si è discostata dalla versione di L. Mortari (Il Salterio della Tradizione, Torino, Gribaudi, 1983) usuale riferimento per la versione dei salmi. Vi si legge: "Nei peccati, nel piacere, mi ha concepito mia madre". L'espressione "nel piacere", anche se può trovare giustificazione filologica (che Sr. Benedetta mi ha gentilmente fornito per spiegare la sua scelta), corre il rischio di tali e tanti fraintendimenti etico-teologici che io l'avrei semplicemente omessa, visto che il testo greco pur consentendola non la esige. Altra osservazione: correttamente, la traduttrice distingue il termine Theotokos da Mitir Theou, ma lo fa unendo le parole dell'espressione Madre di Dio con le lineette ove questa traduce il primo termine (Madre-di-Dio). Perché non usare il termine Deipara, già sperimentato dal Lotti, che, pur antichità linguistica, è pur sempre l'unico vocabolo italiano che traduce esattamente il greco Theotokos?

A parte questi ed altri piccoli rilievi, che sono niente di fronte alla splendida riuscita del lavoro della Artioli, questo resterà una pietra miliare per qualunque italiano, ortodosso o meno, che voglia accostare la tradizione liturgica della Chiesa Ortodossa, ove il principio lex orandi, lex credendi trova una attuazione piena. Senza Offici e senza Icone l'Oriente Cristiano resta ben più muto dell'Occidente. Peccato che, con la lodevole eccezione di San Gregorio Palamas alla seconda Domenica di Quaresima (in appendice), manchino i Santi canonizzati dopo lo Scisma: forse la traduttrice, non in spirito ecumenico (sempre foriero di fraintendimenti e disastri ecclesiologici) ma in spirito di amicizia, li vorrà in futuro tradurre, per mantenere l'unità di stile. Avrebbe il nostro ringraziamento.

Archimandrita Silvano (Livi) su La Pietra n.2 1999 pp.23 - 26

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