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Sulla Comunione frequente

Risposte ad alcune  domande

del p. Daniele Marletta

Mi è capitato recentemente di rispondere in privato ad alcune domande sul tema della Comunione frequente. Si tratta, stranamente, di un argomento assai dibattuto. E dico “stranamente” perché l’opinione dei Padri in merito è molto chiara. Ho così pensato di rendere pubbliche le risposte.

Quanto spesso è bene accostarsi all’Eucaristia?

San Girolamo di Egina, un grande spirituale del secolo scorso, raccomandava la comunione frequente. Molti ebbero a chiedergli quanto spesso ci si debba comunicare, ed egli in genere rispondeva molto pragmaticamente: “Non hai bisogno di sapere quante volte devi mangiare: quando hai fame, mangi”, volendo significare che non esiste una regola precisa. Credo che a questa domanda non esista risposta migliore della sua.

Prendo spunto per trarne un piccolo corollario.
Se è vero – ed è certamente vero – che l’Eucaristia è il nostro cibo spirituale per eccellenza, è anche vero che per questo cibo spirituale vale la stessa regola che vale per quello corporale: né troppo, né troppo poco. Un insegnante non dovrebbe mangiare quanto un muratore (perché tradurrebbe l’eccesso di cibo in eccesso di peso) e allo stesso modo una persona che non curi molto la propria vita spirituale farà bene a non comunicarsi troppo spesso. C’è però differenza tra mangiare secondo il proprio bisogno e non mangiare affatto. Avere appetito è generalmente sintomo di buona salute: chi manca di “appetito spirituale” e non sente la necessità di comunicarsi con una certa frequenza non mostra grande salute spirituale. Chi ha l’abitudine di comunicarsi raramente dovrebbe quindi chiedersi: “Sono sicuro di star bene?”

Alcuni dicono che sia male comunicarsi frequentemente. Cosa ne pensa?

In generale, l’argomento più importante contro la pratica della comunione frequente è anche l’argomento più importante a suo favore. Molti sostengono infatti che comunicarsi frequentemente sia un errore, perché per partecipare della Eucaristia bisogna essere “degni” e “preparati”.
Questo non è in realtà un argomento serio per sconsigliare la comunione frequente; al contrario, questo è un motivo per comunicarsi il più spesso possibile.

Prima di tutto bisognerebbe dire che nessuno è degno – non nell’accezione che diamo di solito a questa parola – di partecipare al Sangue e al Corpo di Cristo. E se qualcuno pensa di esserne degno compie come minimo un peccato di superbia. Se aspettiamo di essere realmente degni, non ci comunicheremo mai.

In secondo luogo, se ci sentiamo indegni dell’Eucaristia per la maggior parte dell’anno, questo significa che la nostra vita sta percorrendo binari sbagliati. L’Eucaristia è infatti – secondo le parole di Sant’Ignazio Teoforo nella sua Lettera agli Efesini – il “farmaco di immortalità, antidoto per non morire ma vivere in Gesù Cristo per sempre”, ed esserne indegni implica l’essere indegni dell’immortalità e della salvezza.

Per le malattie del corpo ci affidiamo al medico: lui ci dirà se il nostro stile di vita è sano e in cosa eventualmente cambiarlo, quali cibi e quali attività evitare, e in più ci curerà con dei farmaci. Per la vita spirituale vale lo stesso: chi esercita la paternità spirituale su di noi ci indicherà la strada nella nostra vita spirituale. Sempre lui ci dirà quando accedere al “farmaco dell’immortalità” e quanto spesso.

Quali Padri della Chiesa sono favorevoli alla comunione frequente?

In una parola, tutti.

Qualcuno potrà citare qualche passo che sembra incitare al contrario, ma chiunque legga i Padri nel loro contesto storico sa benissimo che sono tutti dell’idea che un buon cristiano debba comunicarsi frequentemente. Ovviamente questo significa anche che un buon cristiano deve cercare di essere sempre preparato a ricevere i Santi Doni. Se non si sente preparato o degno abbastanza deve sforzarsi di diventarlo.

In cosa consiste la normale preparazione alla Comunione?

In linea generale, è necessario attenersi ad una serie di semplici regole.

1. Pregare ogni giorno.

2. Seguire il più possibile il digiuno, sia quello del mercoledì e del venerdì di ogni settimana che quello di tutti i giorni durante i periodi dell’anno che la Chiesa consacra al digiuno.

3. Sforzarsi di vivere una vita autenticamente cristiana.

4. Partecipare alle funzioni religiose del sabato sera (Vespro o Grande Veglia, secondo l’uso locale). Se questo non è possibile, leggere le preghiere di preparazione alle Comunione o altro, secondo l’istruzione del padre spirituale.

5. Essere digiuni almeno dalla mezzanotte. Alcuni praticano un digiuno di tre giorni prima della Comunione, ma quest’uso si riferisce soltanto a chi non si comunica frequentemente. Chi si comunica con una certa frequenza non è tenuto a fare altri digiuni

In quali casi è necessario invece evitare di comunicarsi?

È bene non comunicarsi quando non ci si è preparati degnamente, ma è anche bene che questo non accada troppo spesso. Chi pensa di essere un cristiano tanto indegno da non potersi comunicare neppure ogni due o tre domeniche deve innanzi tutto sforzarsi di migliorare.

Al di là di questo caso, vi sono casi che, salvo eccezioni, escludono almeno temporaneamente dalla Comunione. In linea generale, questi casi possono tutti essere condotti a una di queste situazioni:

1. Non può comunicarsi chi abbia commesso un peccato che implichi la scomunica (omicidio, adulterio o sacrilegio, per esempio).

2. Non può comunicarsi chi vive in una condizione contraria all’insegnamento della Chiesa, per esempio una persona che convive con un altra more uxorio, ma senza esservi sposata.

Vale però la pena di ripetere: l’essere in condizione di peccato non deve diventare un argomento contro il Sacramento dell’Eucaristia. Al contrario, il bisogno di accostarsi all’Eucaristia deve essere il motivo per abbandonare tale condizione.
Il sentirsi peccatori non deve in nessun caso diventare una comoda scusa per continuare ad esserlo.


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